Un vasto affresco di stili musicali e di generazioni a confronto: nel programma del Padova Jazz Festival 2024 trovano spazio glorie intramontabili, artisti che stanno emergendo con slancio nella scena internazionale, musicisti nel pieno della loro maturità espressiva, talenti incredibili in proporzione alla giovanissima età. Altrettanto variegato è il panorama stilistico, dalla fusion storica alla più solida tradizione post bop, dalle sonorità brasiliane a innumerevoli e fertili combinazioni che mettono in contatto mondi sonori anche distanti tra loro.

I numerosi palcoscenici del festival si distinguono per le loro peculiarità architettoniche: dalle location di importanza storica come il Teatro Verdi e la sua Sala del Ridotto, la Sala dei Giganti al Liviano, il Caffè Pedrocchi, il Centro Culturale Altinate/San Gaetano alle aule dell’Università degli Studi di Padova.

Il Padova Jazz Festival è organizzato dall’Associazione Culturale Miles presieduta da Gabriella Piccolo Casiraghi, con il contributo dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Padova e il sostegno del Ministero della Cultura.

Il palcoscenico più prestigioso del Padova Jazz Festival sarà anche quest’anno il Teatro Verdi, che ospita le tre serate conclusive, con star jazzistiche che innescano un confronto tra generazioni diverse.

Apice artistico, e anche anagrafico, sarà Billy Cobham con la Time Machine Band (16 novembre). Classe 1944, Cobham è uno dei padri fondatori oltre che il più emblematico batterista della grande stagione fusion degli anni Settanta. Col suo stile ipercinetico e tumultuoso, figlio del jazz, del rock e del funk, ha definito i parametri ritmici di uno dei sottogeneri jazzistici più popolari. Da allora la traiettoria della sua stella è sempre rimasta altissima, sia come leader che come propulsore di gruppi altrui. Il settetto con cui si esibirà a Padova rispolvera un format ampiamente usato da Cobham negli anni Settanta: eseguirà infatti molte composizioni di album storici dell’epoca, a partire da Spectrum.

Altrettanto predisposto agli innesti stilistici è il bassista e cantante camerunense Richard Bona. Al basso, Bona è un prestigiatore del ritmo, conteso dai più importanti capigruppo del jazz, il pop e la musica latina. Mettendosi in gioco anche come cantante ha saputo creare un personale universo musicale che coniuga l’antico e il contemporaneo, il popolare e il sofisticato, l’Africa e l’occidente euro-americano. Il suo trio amalgama stilemi jazz, afro-cubani e africani, trovando affinità musicali tra mondi assai distanti tra loro. L’anagrafe fa di lui un ponte verso la più giovane protagonista dei concerti al Verdi.

La sassofonista newyorkese Lakecia Benjamin affronta la musica jazz nel modo più ampio e trasversale. Lakecia è travolgente, impetuosa, rinnovatrice ma senza bisogno di contestare la tradizione, anzi costruendo su di essa e ponendosi come erede della memoria afroamericana. Il suo sound è innovativo, cangiante e poliedrico, ritmicamente incalzante, iniettato di funk per lo slancio e di R&B per l’espressività.

Uno dei format fondamentali del jazz moderno, il trio con pianoforte, sarà al centro dei concerti del primo fine settimana del Padova Jazz Festival 2024.

Il 31 ottobre, nell’Aula Rostagni del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università degli Studi di Padova, l’inaugurazione del festival sarà, letteralmente, nelle mani del newyorkese Jonathan Kreisberg. Uno dei chitarristi jazz più influenti della sua città, ergo a livello internazionale, Kreisberg con il suo trio combina un melodismo senza tempo con tessiture sonore avveniristiche, frutto di una passione equamente suddivisa tra modernità e tradizione.

Per John Scofield si tratta di “uno dei migliori gruppi della musica di oggi”: è il trio del pianista tedesco Pablo Held, che l’1 novembre all’Auditorium Centro Culturale Altinate/San Gaetano accoglierà come special guest il chitarrista brasiliano Nelson Veras, una collaborazione in perfetto equilibrio tra linee jazz moderne e radici brasiliane.

Orgoglioso di ospitare i grandi protagonisti del jazz internazionale, il festival padovano si muove però sempre anche alla ricerca di giovani talenti che ancora non hanno raggiunto l’attenzione del grande pubblico. È il caso del turco Hakan Başar: pianista giovanissimo e a dir poco fenomenale. Il trio di Başar affronta un repertorio di classici del jazz rinnovandone l’espressività in un vortice di ritmo e un abbagliante intreccio di linee.

Come nell’alta cucina basata su ingredienti tipici ma accostati in abbinamenti inediti, esplorativi, tali da rilasciare sapori mai provati prima: i concerti della seconda settimana del Padova Jazz Festival trasformano ciò che è musicalmente familiare in qualcosa di mai sentito prima.

Il sassofonista Donald Harrison è la quintessenza della musica di New Orleans, jazz e non solo. Esuberante solista nell’ambito dell’hard-swinging-bop più puro, è però anche un mago del meticciato sonoro col suo ‘Nouveau Swing’, una miscela di jazz, R&B, hip hop, soul, rock, musica latina e caraibica. Il 7 novembre predisporrà le sue magie sonore in quartetto alla Sala dei Giganti al Liviano.

Sempre alla Sala dei Giganti l’8 si esibirà la clarinettista Anat Cohen, uno dei nomi più prestigiosi nel panorama dei clarinettisti jazz in attività. Nella sua musica convivono senza soluzione di continuità il jazz tradizionale, la sperimentazione, la musica classica e la tradizione sudamericana. E proprio quest’ultima è quella che emerge più distintamente con la band che si esibirà a Padova, il Quartetinho: un gruppo di virtuosi polistrumentisti assieme ai quali Anat ci rivela il suo lato più lirico e intimista.

Un altro talento visionario nel combinare tra loro gli elementi musicali è il trombonista Mauro Ottolini, che si esibirà in trio al Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Padova. Col suo personale eclettismo, Ottolini fa convivere ricerca sonora e amore per le tradizioni, utilizzando strumenti ancestrali e popolari per ottenere una sintesi sperimentale ma di immediato impatto emotivo. Quella di Ottolini è un’avventura melodica nella quale si mescolano tradizione italiana, blues, gipsy, rumbe esotiche, melodie e canzoni della più varia provenienza.

I concerti della domenica mattina, tutti alla Sala Rossini del Caffè Pedrocchi, scandiscono, chiudendole, tutte e tre le settimane del festival, con ascolti che vanno dal jazz all’altrove.

Il bandoneonista Daniele di Bonaventura si esibirà il 3 novembre in un solo che evoca canti sacri e passi di danza di sapore mediterraneo, creando l’impressione emotiva di un rito celebrativo.

Domenica 10, il batterista Enrico Morello, punto di riferimento per le varie formazioni di alto profilo del jazz nazionale, si presenterà come leader del quartetto “Cyclic Signs”, la cui musica parte dalle fondamenta ritmiche, che fungono da tracciati multiformi e inattesi per lo sviluppo dei brani.

Per l’ultima matinée domenicale, il 17, il Duo Hana viaggia attraverso le musiche tradizionali dei paesi mediterranei e non solo, con la loro peculiare strumentazione in parte arcaica in parte etnica.

L’ultimo fine settimana del festival, la Sala del Ridotto del Teatro Verdi ospiterà tre concerti pomeridiani che faranno da riscaldamento per i grandi live serali al Teatro Verdi. Arditi accostamenti stilistici caratterizzano questi appuntamenti.

Si inizia il 14 novembre con l’omaggio a Charlie Parker del sassofonista Rosario Giuliani in duo col pianista Pietro Lussu. Un concerto che più jazz non si può, un viaggio nella poetica di un riferimento assoluto della musica improvvisata afroamericana, partendo da un fondamentale rispetto per la tradizione ma con la capacità poi di proporre nuovi punti di vista.

Cambio di rotta il 15: il duo As Madalenas ci offre un gesto d’amore verso la musica brasiliana d’autore nelle sue più varie sfumature con l’aggiunta di canzoni originali capaci di competere con le emozioni dei grandi cantautori verde-oro.

Particolarmente spregiudicato è il live pomeridiano del 16: il beatboxer di fama internazionale Aliendee fa squadra con il sassofonista Alessandro Scala e il tastierista Mecco Guidi. La parola d’ordine è improvvisazione, ingrediente che fornisce il terreno di incontro alle peculiari capacità di un pioniere del beatboxing, un campione dell’hard bop come Scala e un artista del groove come Guidi.

Come da tradizione, i concerti principali del Padova Jazz Festival saranno affiancati da diversi appuntamenti che esplorano i rapporti tra il jazz e altre forme artistiche da esso influenzate. Le Scuderie di Palazzo Moroni dal 31 ottobre all’1 dicembre ospiteranno una mostra di Elena Carminati, una delle più prestigiose firme della fotografia jazz in Italia. Una seconda esposizione fotografica sarà allestita nella Sala Verde del Caffè Pedrocchi dal 22 ottobre al 30 novembre, con gli scatti di Giordano Minora.

Anna Piratti creerà per il festival un happening di arte visiva rivolto agli studenti dell’ateneo patavino, “Cum Grano Salis”.

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