Esce il videoclip di “Sangue per Zanzare” dei Stanislao Sadlovesky, brano già disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale che anticipa il disco d’esordio “Il declamatore”.

“Sangue per Zanzare” è un brano caratterizzato da un sound misto di elettronica e ritmi martellanti acustici, campionamenti di materiali che si scontrano, come il suono del ferro su ferro, registrati, effettati e ripetuti ossessivamente. Il risultato è un effetto industriale che accoglie un testo secco ed inesorabile, in cui vengono descritti i cicli di vita e l’ironia della sorte per cui, mentre siamo chiamati a consumare, nel contempo anche noi ci consumiamo.

Commenta la band a proposito del brano: “È un brano che riguarda il passato, il presente, il futuro. È un filmato senza tempo. Ironia della vita. Ironia della sorte. Ineluttabilità”.

Il videoclip di “Sangue per Zanzare”, ideato dai Stanislao Sadlovesky e realizzato tecnicamente da Alessandro Lazzarin, rispecchia visivamente il relativo brano: ritmi martellanti ed industriali a supporto di un testo diretto. I colori utilizzati richiamano quelli che caratterizzano il primo album di prossima uscita, con una predominanza ovviamente del rosso in questo caso.

Stanislao Sadlovesky. Un’entità ontologica emerge intermittente dall’oscurità, come lampi di magnesio portatori di codici semantici e lessicali altri. Non ha volto, non ha collocazione geografica o anagrafica. È la voce interiore che si colloca tra il metapensiero e il reale, un’allucinazione acustica ipnagogica. Viene da un mondo con cicli solari velocissimi e stagioni dispari, modulate su interferenti flussi di coscienza a più livelli. Domina un senso di sovvertimento di tutte le leggi semantiche e di natura. L’impressione è di conversare con il je est un autre di Rimbaud, osservando le albe di una città a due soli mentre l’asfalto suppura delle rivolte dei vivi, o dei morti che si credono vivi, in una danza macabra ematica. Il cranio viene infilato tra due elettrodi che funzionano come casse sintonizzate su due canali audio divergenti, declinando i pensieri in modi e tempi differenti. Ed ecco che poi il lessico familiare si fa sottolinguale, una sorta di filastrocca autistica, dipanata tra i denti all’inizio di un giorno già finito. Stanislao è un viaggio sonoro, visivo e sinestetico che ci lascia attoniti, stralunati, altrove, con la corteccia cerebrale avvolta nel nastro isolante. Echi sonori sembrano provenire da galassie sconosciute, forse già collassate.  Arrivano come un’onda gravitazionale in differita. È una nuova declinazione di teatro distopico che spiega se stesso, ogni volta diversamente, senza necessità di esegesi, semplicemente esistendo.

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