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Tancredi Bin debutta con “Mappa di ogni corpo

Venerdì 18 ottobre esce “Mappa di ogni corpo”, opera prima del cantautore, produttore e musicista Tancredi Bin. Un processo contemplativo per indagare la verità sull’anima e suo corpo. Ad accompagnarlo un alt rock organico e psichedelico, con un’attitudine analitica, tra field recording e introspezione.

Già noto nella scena underground, Tancredi Bin è un musicista, produttore e cantautorebolognese che oggi debutta col suo personale progetto discografico. Dopo il suo esordio ufficiale al MI AMI Festival 2024 e i singoli “All’apice”, “Muta” e “Il pensiero come scoria”, alcuni in rotazione sulla BBC Radio Music, l’artista è ora pronto a svelare il suo primo album in studio.
Si chiama “Mappa di ogni corpo” e sarà pubblicato venerdì 18 ottobre per Oyez! e Peermusic Italy. Si tratta di un’opera prima già solida e identitaria. Partendo da un’intuizione viscerale dell’artista, prende piede in lui un processo contemplativo di alcune sensazioni passate, le quali vengono rielaborate, restituendo elementi cruciali per interpretare il presente, dove le medesime sensazioni vengono rivissute e quindi analizzate da un’angolazione nuova. Lungo questo percorso, si forma l’idea che l’anima coincida con il corpo e che il pensiero sia un prodotto di scarto, una secrezione liberatoria del corpo.
“Mappa di ogni corpo” è un disco che nasce dai limiti materiali che avevo e che ho ancora. Dopo anni passati a scrivere musica al di fuori delle mie possibilità, mi sono fermato, ho respirato e ho deciso di partire da zero, e scrivere un disco di cui potessi registrare delle demo precise, con gli strumenti che avevo, la voce che ho, da solo. Sebbene alla base non ci fosse un concept, c’era un’idea di come sarebbe dovuto suonare. Tuttavia, più andavo avanti più i testi che venivano fuori spontaneamente rivelavano che in realtà stavo parlando di qualcosa di preciso, un ragionamento coerente che si stava dispiegando lungo le tracce” – Tancredi Bin “Mappa di ogni corpo” oscilla in bilico tra la sua materialità e la sua aspirazione spirituale.
Proprio come la conclusione a cui Tancredi Bin è forse arrivato. Nella sua opera prima, l’artista riporta il concetto e lo spirito alla sua dimensione più palpabile, organica, attraverso l’utilizzo di strumenti “concreti” che vibrano, martellano, brillano e sibilano per manifestare tutta la loro materialità, e una scrittura che accoglie la quotidianità più tangibile. Così, contrariamente a quanto spesso succede, la spiritualità qui è tutta nel corpo. Si può quindi affermare che “Mappa di ogni corpo” è un disco meta-identitario, che parla sostanzialmente dell’esistere nel senso che è un’affermazione dell’esserci.
“Essenzialmente la teoria è che queste sensazioni, così pure e istintive, dimostrino come in realtà l’anima sia il corpo stesso, mentre il pensiero, che viene dopo, sia solo un prodotto di scarto, una secrezione quasi organica che segue le attività dell’anima. Io stesso ho cambiato spesso l’interpretazione che ho del disco, quantomeno a livello di cosa si dice nelle singole frasi, ma i concetti generali per me sono questi” – Tancredi Bin
Soprattutto nella parte centrale del disco, molte le tracce che rivivono questi momenti rivelatori, portando il processo di scoperta che attraversa l’opera a una quasi-forma scientifica, analitica. È come se ci fosse la serena necessità di dimostrare che questa intuizione spirituale e metafisica possa essere ripetuta e verificata, quindi tangibile. E come ogni ricerca scientifica, anche quella di Tancredi Bin ha un suo campo di studio. Gli avvenimenti del disco potrebbero tranquillamente svolgersi in una stanza, con le diverse luci che accompagnano i diversi momenti della giornata, lungo le stagioni, contemplando se stessi mentre si immaginano i paesaggi del mondo fuori, ascoltando i rumori, gli scricchiolii e i tarli del pensiero.

Anche i testi si fanno mezzo di tutta questa contorsione di concetti e riflessioni, mettendo in immagine i pensieri o gli stimoli che hanno acceso tale processo. Ad esempio, in “Sul letto il piano astrale” la scena è calma, c’è un corpo nel letto, forse due, e c’è la percezione del fresco delle lenzuola e dell’aria, l’elemento dominante e trainante del disco. Non a caso, si avverte la sua presenza in ogni angolo, nei respiri che si sentono lungo il disco e negli strumenti che la richiamano, in particolare tutti quei sonagli e campanelli a vento che echeggiano nell’opera. L’aria si fa spiffero, come nell’outro di “Sul letto il piano astrale” o nei flauti di “Nei polmoni” e “All’apice”, ma anche fischi che ritornano nel lungo intro di “In profonda contemplazione”, dove ritroviamo anche i sonagli che si sentono nelle prime due tracce e gli scricchiolii che fanno capolino anche in “C’è qualcosa che freme” e “Muta”.
“Sul letto il piano astrale”, nonostante la sua posizione centrale, è da considerare come la fine del disco in cui si pongono le domande su quello che viene dopo. Nell’intro, come nel bridge, si contempla il piano delle anime, lì sul letto con i corpi definiti e “percepiti” dall’aria fresca. Al contrario, la traccia finale “Tutto in oro”, nonostante il caos e l’intensità slabbrata che esprime, vuole essere di buon auspicio: in conclusione, ogni cosa è illuminata.
“All’apice”, primo singolo estratto e debutto di Tancredi Bin, è la chiave di volta. Avvengono due fatti in parallelo: siamo all’apice del piacere e della scoperta, le pupille si dilatano ed entra la luce. Ovvero, l’esperienza fisica causa la dilatazione ed entra l’illuminazione. Viene anche espressa la questione dell’essere “in alto” e del riuscire a guardare tutto da una prospettiva lontana e differente – si è all’apice, si è sul soffitto, quindi in alto, ascesi, e si guarda la scena da fuori mentre ci si è dentro. Il tema del “guardarsi da fuori” emerge anche in precedenza nel disco, come in “Una rivelazione”, ma è in “All’apice” che l’(auto)osservazione si fa più esperta e puntuale. È
un attento osservare nella penombra della stanza, c’è una calma misteriosa che sembra preludere
al verificarsi di qualcosa di vitale. Il mistero pacifico, ma sferzato dell’inizio esplode nel verso
finale, quando ormai si è certi: si può rivivere.

“Il pensiero come scoria” nasce da una domanda: se le attività dell’anima coincidono con quelle
del corpo, cos’è il pensiero? Qualcosa che viene dopo la percezione, una conseguenza, forse uno
scarto organico, una secrezione. Con la sensazione che il pensiero sia un fluido molto denso che
viene espulso dal corpo, si è sviluppato il brano lungo arpeggi cristallini intersecati a linee di
batteria ricche di piatti, un intreccio che ricordano i movimenti delle acque superficiali e della
risacca. In questo senso, i tempi dispari un po’ arzigogolati del brano vogliono suggerire un
andamento morbido ed incoerente. In questo modo, viene evocato un non-luogo dove lasciarsi
andare all’osservazione, dove il suono predominante è quello dei fluidi che ora si arenano
dolcemente, ora si schiantano con la propria piccola mole, ora si confondono tra loro, prendono
forza e poi la riperdono. I toni sono rilassati e sereni, con una breve piega malinconica circa a
metà della canzone, che poi torna più energica alla positività, per perdersi in un crescente muro di
suono. Un finale sempre più saturo immerge tutto nella luce più calda possibile, un annullamento
nell’illuminazione di questa realizzazione.

Tancredi Bin è un musicista, produttore e cantautore bolognese, già conosciuto nella scena underground per essere stato il batterista di diverse formazioni metal. Oggi debutta col suo progetto solista, decisamente lontano dai suoi precedenti lavori, inaugurando la sua personalissima identità artistica.
“All’apice” è stato il primo brano ad aprire la strada al nuovo percorso discografico di Tancredi Bin,
pubblicato venerdì 17 maggio. Un cantautorato materico e naturalistico, ricco di trame sonore e di strati
inaspettati, dall’attitudine lo-fi, ma dal risultato denso e raffinato: è questa la dimensione sensoriale in cui
Tancredi Bin ci inviterà a entrare, un immaginario sonoro libero di riferimenti esterni, se non quelli intimi
dell’artista. Difficile descrivere la sua musica, sperimentale e psichedelica, ma non priva di una vena pop ricercata e raffinata.
L’opera prima “Mappa di ogni corpo”, disponibile dal 18 ottobre per Oyez! e Peermusic Italy, è un disco già solido e identitaria. Partendo da un’intuizione viscerale dell’artista, prende piede in lui un processo contemplativo di alcune sensazioni passate, le quali vengono rielaborate, restituendo elementi cruciali per interpretare il presente, dove le medesime sensazioni vengono rivissute e quindi analizzate da un’angolazione nuova. Lungo questo percorso, si forma l’idea che l’anima coincida con il corpo e che il pensiero sia un prodotto di scarto, una secrezione liberatoria del corpo. 11 tracce per indagare i fremiti e le palpitazioni che smuovono la nostra esistenza e il nostro io.
Il debutto in società di Tancredi Bin è stato il 25 maggio scorso, data in cui si è esibito dal vivo al MI AMI Festival 2024. Un evento speciale che ha segnato il suo live d’esordio, nonché l’occasione per ascoltare brani inediti che faranno parte del suo primo album. Intanto, il brano “C’è qualcosa che freme” è stato trasmesso sulla BBC Music Radio dall’artista Nabihah Iqbal.

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